Se non ora quando? E questa la domanda che oggi tutti noi in Occidente, e in Italia in particolare, dobbiamo farci prima che sia troppo tardi. E’ ora di manifestare in tutti modi possibili la nostra ferma condanna e la richiesta di un intervento immediato della comunità internazionale per fermare il genocidio in atto in Libia, così come l’ha definito l’ormai ex rappresentante libico all’Onu dimessosi dopo la sanguinosa repressione dei manifestanti da parte di Gheddafi a Benghazi.
A vedere le immagini e le sequenze video rilanciate da Al Jazeera e diffuse dai maggiori network televisivi, in Libia e a Tripoli in particolare si assiste ad una carneficina portata avanti da mercenari provenienti dal Ciad e dalla Nigeria, insieme ai pochi agenti libici ancora fedeli al Colonnello. E la potenza delle comunicazioni, nonostante i tentativi di renderle inaccessibili da parte del regime, è in grado di documentarci il tutto con immagini e chiare ammissioni da parte di alcuni assassini arruolati da Gheddafi e dai suoi figli oggi a capo delle unità specializzate nella repressione del popolo in rivolta.
La nota ancora più drammatica, che purtroppo chiude qualsiasi porta ad una via di dialogo tra il popolo in rivolta e il regime, è stata l’uscita televisiva del figlio di Gheddafi fino a qualche giorno fa accreditato come la stella nascente di una nuova Libia finalmente in cammino verso una vita democratica e fondata su Istituzioni civili. Saif al Islam, che pure era stato lui stesso vittima delle decisioni del padre con l’impedimento ad agire attraverso la sua fondazione per i diritti umani e di portare avanti un nuovo progetto di comunicazione chiamato guarda a caso “Al Ghad” (Il domani), ha incarnato agli occhi del popolo e dei giovani libici con il suo discorso sulla tv libica il ruolo di vero carnefice e promotore della strategia di repressione con la violenza. Saif al Islam aveva infatti più volte avvertito i manifestanti durante il suo discorso televisivo sulle conseguenze di un loro eventuale mancato stop alle rivendicazioni in piazza chiarendo in modo molto esplicito che “combatteremo fino alla fine insieme a Moammar Gheddafi, un leader popolare e diverso da Ben Ali e Hosni Mubarak”. Ora, aldilà della tragica cronaca che minuto dopo minuto ci viene mostrata con immagini nude e crude, credo siamo come Occidente, europei e italiani di fronte a una grande prova e ad un vero appuntamento con la storia.
Finora è mancata una vera reazione di popolo a quello che è accaduto in Tunisia ed Egitto. Ma la situazione libica ci riguarda molto più da vicino e se vogliamo essere ancora un po’ ottimisti: abbiamo ancora un’ultima chance per non perdere ompletamente la faccia nei confronti centinaia di giovani e meno giovani che hanno sacrificato con la vita la lotta per una nuova vita libera e democratica. Altrimenti la storia ci condannerà ad un destino macchiato perennemente di tanta ipocrisia e del peggior egoismo. E che non si parli più di democrazia e di libertà nel mondo arabo-islamico.
* Pubblicato su caffeeuropa.it il 22-02-2011
A vedere le immagini e le sequenze video rilanciate da Al Jazeera e diffuse dai maggiori network televisivi, in Libia e a Tripoli in particolare si assiste ad una carneficina portata avanti da mercenari provenienti dal Ciad e dalla Nigeria, insieme ai pochi agenti libici ancora fedeli al Colonnello. E la potenza delle comunicazioni, nonostante i tentativi di renderle inaccessibili da parte del regime, è in grado di documentarci il tutto con immagini e chiare ammissioni da parte di alcuni assassini arruolati da Gheddafi e dai suoi figli oggi a capo delle unità specializzate nella repressione del popolo in rivolta.
La nota ancora più drammatica, che purtroppo chiude qualsiasi porta ad una via di dialogo tra il popolo in rivolta e il regime, è stata l’uscita televisiva del figlio di Gheddafi fino a qualche giorno fa accreditato come la stella nascente di una nuova Libia finalmente in cammino verso una vita democratica e fondata su Istituzioni civili. Saif al Islam, che pure era stato lui stesso vittima delle decisioni del padre con l’impedimento ad agire attraverso la sua fondazione per i diritti umani e di portare avanti un nuovo progetto di comunicazione chiamato guarda a caso “Al Ghad” (Il domani), ha incarnato agli occhi del popolo e dei giovani libici con il suo discorso sulla tv libica il ruolo di vero carnefice e promotore della strategia di repressione con la violenza. Saif al Islam aveva infatti più volte avvertito i manifestanti durante il suo discorso televisivo sulle conseguenze di un loro eventuale mancato stop alle rivendicazioni in piazza chiarendo in modo molto esplicito che “combatteremo fino alla fine insieme a Moammar Gheddafi, un leader popolare e diverso da Ben Ali e Hosni Mubarak”. Ora, aldilà della tragica cronaca che minuto dopo minuto ci viene mostrata con immagini nude e crude, credo siamo come Occidente, europei e italiani di fronte a una grande prova e ad un vero appuntamento con la storia.
Finora è mancata una vera reazione di popolo a quello che è accaduto in Tunisia ed Egitto. Ma la situazione libica ci riguarda molto più da vicino e se vogliamo essere ancora un po’ ottimisti: abbiamo ancora un’ultima chance per non perdere ompletamente la faccia nei confronti centinaia di giovani e meno giovani che hanno sacrificato con la vita la lotta per una nuova vita libera e democratica. Altrimenti la storia ci condannerà ad un destino macchiato perennemente di tanta ipocrisia e del peggior egoismo. E che non si parli più di democrazia e di libertà nel mondo arabo-islamico.
* Pubblicato su caffeeuropa.it il 22-02-2011
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